Homo ludens. I giochi divinatori nelle corti rinascimentali

Nonostante la guerra, la peste, le controversie religiose ed i molteplici rovesci della fortuna che da un giorno all’altro facevano assaggiare ai principi il sapore della polvere, per le élites aristocratiche del Rinascimento la vita era un gioco. In particolare Le tecniche di interrogazione del futuro in forma di gioco – tramite i “brevi”, le carte figurate o i libri di sorte- si diffusero, almeno dalla metà del Quattrocento, fra tutti i consessi aristocratici della Penisola. Lo sappiamo grazie alle fonti letterarie del tempo più che attraverso i giochi stessi, oggetti d’uso e quindi altamente deperibili che furono condannati –soprattutto nella tipologia divinatoria-  dal Concilio di Trento.

Consideriamo ad esempio i cosiddetti mazzi fantastici, ovvero mazzi di carte da utilizzare per vari tipi di giochi: istruttivi, didattici, divinatori ecc. I soggetti delle figure variavano di mazzo in mazzo, e venivano attinti dalle più varie fonti storiche e letterarie. A questa tipologia appartengono due celebri mazzi eseguiti a Ferrara verosimilmente su committenza degli Estensi: i cosiddetti Tarocchi del Mantegna e il mazzo Sola Busca.

Spesso questi giochi di carte furono confusi con i tarocchi, ma se ne distanziano in modo significativo. Ne indico brevemente le diverse caratteristiche. I tarocchi, nella variante più comune, sono divisi in cinquantasei carte numerali, con i classici semi –spade bastoni coppe e denari- e onori –fante cavallo regina e re-, più ventidue trionfi –oggi chiamati arcani maggiori – che rappresentano il bagatto, la Papessa, l’Imperatrice, l’Imperatore, il Papa, l’amore, il carro, la giustizia, il tempo, la ruota della fortuna, la forza, l’impiccato, la morte, la temperanza, il Diavolo, la casa di Dio, la stella, la luna, il sole, il giudizio, il mondo, il matto.

Il mazzo cosiddetto del Mantegna è invece composto da cinquanta carte, con cinque serie di dieci immagini ciascuna: le condizioni umane, Apollo e le Muse, le Arti Liberali, le virtù, i pianeti e le stelle dell’universo.

Il mazzo Sola Busca mantiene il numero di carte e la divisione interna dei tarocchi classici, ma con grandi differenze iconografiche. Nelle cinquantasei carte numerali sono introdotte scene fantastiche ed episodi di vita quotidiana, mentre nei trionfi sono rappresentati esclusivamente guerrieri dell’antichità classica e biblica. L’iconografia delle settantotto incisioni è stata recentemente studiata da Laura Paola Gnaccolini nel catalogo della mostra Il segreto dei segreti. I tarocchi Sola Busca e la cultura ermetico-alchemica tra Marche e Veneto alla fine del Quattrocento (2012).

I due mazzi fantastici- pseudo Mantegna e Sola Busca- hanno sollecitato varie ipotesi attributive per ora, quasi unanimemente, tendenti a riferire i due mazzi ad ambito ferrarese. I tarocchi del Mantegna sarebbero da datare dopo il 1460, per problemi relativi all’evoluzione della tecnica incisoria, ed entro il 1465, dato che gli arcani dell’Imperatore e del Papa sono riprodotti in un codice dello Studio bolognese così datato.

Nel mazzo Sola Busca alcune caratteristiche morfologiche fanno riferimento a opere in circolazione a Ferrara grazie a Cosmè Tura e Francesco del Cossa, dalla fine degli anni Sessanta in poi. Mi riferisco a certe forzature fisiognomiche al limite di un precocissimo spirito grottesco, e a certi profili volitivi, il tutto declinato però secondo quel “naturalismo prospettico rustico e possente” di Cossa che accomuna i vignaioli affrescati nel Marzo di Schifanoia all’omaccione che trasporta i cinque otri in una carta del mazzo Sola Busca. Affiancando poi lo zampognaro del mazzo di carte a quello dipinto dal Cossa nella predella dell’Annunciazione della chiesa dell’Osservanza di Bologna, oggi a Dresda (1465-70) – e tenendo conto che l’intervento dell’intagliatore  ha sicuramente indurito il modello grafico-, è possibile confermare la dipendenza di queste carte da gioco dalla bottega di Francesco del Cossa. Nel catalogo della mostra Cosmè Tura e Francesco del Cossa. L’arte a Ferrara nell’età di Borso d’Este, Mauro Natale e Giovanni Sassu avvicinano in modo convincente il Maestro del mazzo Sola Busca al pittore responsabile di alcuni pannelli dipinti su entrambi i lati, che in origine dovevano affiancare un elemento centrale, conservati nei depositi della Pinacoteca Nazionale di Bologna (san Pietro e San Paolo; L’arcangelo Gabriele; la Vergine Annunciata).

In Il segreto dei segreti. I tarocchi Sola Busca e la cultura ermetico-alchemica tra Marche e Veneto alla fine del Quattrocento (2012), Andrea de Marchi ha attributo i bulini a Nicola di Maestro Antonio, svincolandoli completamente dal contesto ferrarese.

Silvia Urbini, Il libro delle sorti di Lorenzo Spirito Gualtieri, Modena, Franco Cosimo Panini 2006

pp.128, cm 17,4 x 24,4, ill. a colori

http://grandiopere.fcp.it/facsimili/en/the-libro-delle-sorti-by-lorenzo-spirito-gualtieri/#testi